Dopo oltre un decennio di esplorazioni e analisi da parte del rover Curiosity, una nuova scoperta scientifica getta luce sulle condizioni ambientali del passato marziano. Un team internazionale di geologi e planetologi, guidato dal geochimico Benjamin Tutolo dell’Università di Calgary, ha rilevato la presenza diffusa di carbonati, in particolare siderite (FeCO₃), in diverse formazioni rocciose del Monte Sharp, al centro del cratere Gale. I risultati, pubblicati sulla rivista Science, confermano che Marte possedeva un ambiente chimico e fisico favorevole allo sviluppo della vita come la conosciamo sulla Terra.
La scoperta: composizione mineralogica e implicazioni geochimiche
Le nuove analisi spettroscopiche e mineralogiche condotte da Curiosity, attraverso lo strumento CheMin (Chemistry and Mineralogy) e supportate dai dati del SAM (Sample Analysis at Mars), hanno identificato tre aree contenenti alte concentrazioni di siderite, associate a solfati di magnesio e altri minerali secondari formatisi in ambiente acquoso. Queste formazioni non erano mai state rilevate in precedenza nemmeno con osservazioni orbitali, come quelle fornite dal Mars Reconnaissance Orbiter (MRO).
La siderite, un carbonato di ferro, è particolarmente rilevante dal punto di vista astrobiologico perché la sua genesi richiede condizioni specifiche: la presenza simultanea di acqua liquida, anidride carbonica atmosferica (CO₂), e rocce silicatiche contenenti ferro.
La formazione di questi carbonati implica che Marte, almeno localmente e per periodi prolungati, ha avuto un’atmosfera più densa e ricca di CO₂ e una circolazione idrologica attiva, in grado di sostenere un ciclo geochimico simile a quello terrestre.
Monte Sharp: un archivio stratigrafico del passato marziano
Il Monte Sharp (ufficialmente Aeolis Mons), alto circa 5.5 chilometri, è una montagna stratificata che si erge al centro del cratere Gale, un bacino largo circa 154 km. Questa struttura è considerata un archivio naturale della storia geologica e climatica di Marte. I depositi analizzati si trovano in livelli sedimentari che risalgono a circa 3,5 miliardi di anni fa, durante il periodo denominato Noachiano-Hesperiano, un’epoca chiave per l’evoluzione climatica del pianeta.
Secondo lo studio, la siderite sarebbe il risultato di un ambiente evaporitico: corpi idrici superficiali come laghi temporanei o falde acquifere si sarebbero lentamente ritirati, permettendo l’interazione tra l’acqua residua, le rocce basaltiche e l’anidride carbonica atmosferica. Questo processo ha portato alla precipitazione dei carbonati, con la contemporanea formazione di strati ricchi di solfati, suggerendo variazioni cicliche di pH e salinità dell’acqua.
Implicazioni per la ricerca della vita e il clima antico
Il rilevamento esteso di carbonati rappresenta un tassello fondamentale per ricostruire il clima antico di Marte. Le missioni precedenti avevano trovato solo tracce frammentarie di carbonati, lasciando spazio a teorie secondo cui Marte non avesse mai avuto una CO₂ atmosferica sufficiente a sostenere un effetto serra capace di mantenere acqua liquida stabile. Tuttavia, questa scoperta conferma che il carbonio atmosferico è stato sequestrato chimicamente all’interno delle rocce sedimentarie, un processo noto anche come carbonatazione.
Questa è una condizione necessaria, seppur non sufficiente, per l’abitabilità: significa che esisteva un equilibrio chimico compatibile con la presenza di acqua liquida stabile e potenzialmente anche di nicchie ecologiche primitive, se mai la vita si fosse sviluppata.
Da un Marte caldo e umido a un deserto gelido
Il quadro che emerge è quello di un Marte primordiale molto diverso da quello che vediamo oggi: un ambiente con un’atmosfera densa, piogge e forse un ciclo idrologico simile a quello terrestre. Ma nel corso del tempo, per cause ancora oggetto di studio tra cui la perdita del campo magnetico e il conseguente spiazzamento dell’atmosfera nello spazio il pianeta ha subito una transizione radicale verso un clima freddo, secco e inospitale.
I carbonati di Monte Sharp rappresentano una testimonianza silenziosa di questo cambiamento epocale, conservando nella loro struttura chimica le tracce di un Marte potenzialmente abitabile.
Prospettive future
La scoperta rafforza l’importanza delle future missioni, come Mars Sample Return della NASA e dell’ESA, che mirano a riportare sulla Terra campioni di roccia marziana per analisi dettagliate. Lo studio dei carbonati in laboratorio potrà offrire risposte più precise sul pH, la temperatura e l’ambiente chimico delle acque antiche di Marte, oltre a una possibile ricerca di biofirme.
In sintesi, non abbiamo ancora trovato la vita su Marte, ma le condizioni chimiche e geologiche necessarie c’erano tutte. Il pianeta rosso continua a rivelare i suoi segreti — strato dopo strato, minerale dopo minerale.
La scoperta dei depositi di carbonati nel cratere Gale rappresenta una svolta nella comprensione del passato marziano, dimostrando che, miliardi di anni fa, il Pianeta Rosso possedeva un ambiente favorevole alla vita. Un mondo con acqua liquida, un’atmosfera densa e una chimica reattiva, non troppo diverso — almeno per un certo periodo — dalla giovane Terra.
Ma se in passato Marte poteva ospitare la vita, potrà un giorno ospitare anche l’uomo?
Questa è la grande domanda che accompagna ogni nuova scoperta marziana. Le condizioni odierne estreme escursioni termiche, radiazioni cosmiche elevate, atmosfera sottile rendono la superficie del pianeta profondamente inospitale. Tuttavia, la conoscenza del suo passato più mite e ricco d’acqua alimenta le speranze di poter, un giorno, terraformare porzioni limitate del pianeta o creare habitat sostenibili per l’essere umano.
Le tecnologie per vivere su Marte sono ancora in fase sperimentale, e molte sfide restano aperte: dal reperimento di risorse locali (acqua, ossigeno, materiali da costruzione), alla protezione dalla radiazione solare, fino alla sostenibilità biologica a lungo termine. Eppure, proprio queste scoperte geologiche stanno fornendo indizi essenziali per pianificare una futura colonizzazione, indicando dove cercare acqua, quali risorse minerali utilizzare e quali ambienti offrano le condizioni più favorevoli alla vita.
In definitiva, Marte non è solo un pianeta da esplorare: è una finestra sul passato del Sistema Solare e, forse, un laboratorio per il futuro dell’umanità.