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Il Giappone è considerato lo stato più anziano al mondo, tanto che sono state registrate oltre 36,25 milioni di persone sopra i 65 anni nel 2024. Questo dato mostra diverse problematiche dal punto di vista sanitario, in quanto una popolazione in rapido invecchiamento comporta alla conseguente diminuzione di donatori di sangue. Questa sfida è ulteriormente aggravata da eventi naturali, come terremoti e maremoti, che rendono complessa la logistica di raccolta e conservazione del sangue donato. 

A questa urgenza sanitaria, il Giappone ha trovato modo di creare un sangue sintetico utilizzabile da chiunque, ovunque, senza vincoli di compatibilità o disponibilità immediata, rivoluzionando la medicina d’emergenza e le cure ospedaliere.

Due approcci innovativi 

Dietro questo progetto innovativo ci sono due figure di spicco della ricerca giapponese, con approcci complementari. La professoressa Hiromi Sakai della Nara Medical University e il docente Teruyuki Komatsu della Chuo University stanno lavorando su forme di sangue sintetico realizzate a partire dall’emoglobina estratta da sangue donato ormai scaduto, trasformando un potenziale scarto in una risorsa vitale.

Nel team di Sakai, l’emoglobina, la proteina essenziale per il trasporto dell’ossigeno nei globuli rossi, viene racchiusa in una microsfera protettiva. Il risultato è una sorta di “globulo rosso artificiale” che non solo è sicuro e sterile, privo di virus, ma è soprattutto senza gruppo sanguigno. Questa caratteristica lo rende universale, somministrabile a chiunque senza dover attendere test di compatibilità. 

Il gruppo di ricerca di Komatsu, invece, ha messo a punto trasportatori di ossigeno sintetici unendo emoglobina e albumina, una proteina naturale del sangue. Questo sistema non solo facilita il trasporto di ossigeno, ma è anche capace di stabilizzare la pressione sanguigna, offrendo un supporto cruciale in condizioni gravi come emorragie o ictus. In questo caso specifico il caso risulta essere di colore viola a causa della particolare lavorazione dell’emoglobina.

Dalla sperimentazione ai pazienti

I primi esperimenti su queste tecnologie risalgono al 2022, quando le “vescicole di emoglobina” incapsulate sono state testate con successo, confermando la loro capacità di trasportare ossigeno in modo simile ai globuli rossi naturali. Da inizio 2025 si è entrati nella fase decisiva: i ricercatori inizieranno a somministrare dosi comprese tra i 100 e i 400 millilitri di sangue artificiale a volontari sani. Questo momento di sperimentazione è cruciale per valutare la sicurezza del sangue creato e verificare eventuali effetti collaterali. Se tutto andrà secondo i piani, le sperimentazioni verranno allargate progressivamente, con l’obiettivo ambizioso di arrivare all’uso clinico reale entro il 2030.

La prospettiva di questa tecnologia è sorprendente anche in termini logistici, infatti, il sangue artificiale può essere conservato fino a due anni a temperatura ambiente, portando ad ottenere enormi vantaggi rispetto al sangue fresco che ha una durata di circa un mese e richiede una complessa catena del freddo. Questa caratteristica lo rende ideale non solo per gli ospedali, ma anche per contesti di guerra o di crisi ambientale, dove la conservazione e il trasporto del sangue rappresentano sfide enormi.

Imparare dal passato: la lezione di Hemopure

Non tutto è sempre stato rose e fiori nella storia dei sostituti del sangue, infatti, il caso di Hemopure, sviluppato dalla Biopure Corporation, è emblematico. Questo sostituto a base di emoglobina bovina sembrava promettente fino al 2008, quando uno studio pubblicato sul Journal of the American Medical Association rivelò che i pazienti trattati con prodotti simili avevano il 30% di probabilità in più di morire. Il problema risiedeva nell’emoglobina libera, che causava gravi problemi cardiovascolari. La Biopure fallì nel 2009, ma Zaf Zafirelis, ex CEO dell’azienda, ancora oggi sostiene che il prodotto venne valutato ingiustamente.

Oggi la situazione è profondamente diversa. I nuovi sostituti del sangue hanno imparato dagli errori scientifici del passato e utilizzano tecnologie innovative che all’epoca erano impensabili. Le nanoparticelle, l’incapsulazione controllata dell’emoglobina e la produzione di cellule da staminali rappresentano un salto qualitativo enorme, offrendo speranze concrete e sicure per il futuro delle trasfusioni. 

La corsa globale al sangue sintetico

Il Giappone non è l’unico fronte in questa ricerca vitale. Negli Stati Uniti, è stato sviluppato presso l’Università del Maryland dal team di Allan Doctor,un altro promettente sostituto del sangue: ErythroMer. Quest’ultimo si presenta come una polvere rossa che può essere conservata per anni a temperatura ambiente e ricostituita con semplice soluzione salina al momento del bisogno. ErythroMer può essere somministrato a chiunque, indipendentemente dal gruppo sanguigno, e mantiene le sue proprietà per mesi senza refrigerazione, risolvendo il problema dell’emoglobina libera che causava tossicità.

Anche l’Europa non è da meno in questa corsa tecnologica. Il progetto SynEry coinvolge l’IRCCS (Casa Sollievo della Sofferenza) insieme a università di Belgio, Spagna e Francia, nella creazione di vescicole lipidiche avanzate che replicano le caratteristiche dei globuli rossi. Fabrizio Gelain, responsabile dell’Unità di Nanomedicina, spiega che l’obiettivo è creare cellule sintetiche. Il progetto, inserito nell’Innovation Radar dell’Unione Europea, rappresenta una delle ricerche più innovative del continente.